giovedì 16 novembre 2017

Lotteria Italia dell'accoglienza

La denuncia di Oxfam Italia

Il sistema di accoglienza italiano lascia decidere “al caso” il destino di migliaia di persone in fuga arrivate nel nostro paese: la denuncia nel nuovo report "La lotteria Italia dell’accoglienza". 8 migranti su 10 sono accolti in “emergenza” in 7 mila strutture di accoglienza straordinaria, che spesso non offrono servizi adeguati per l’inserimento. Oxfam Italia chiede al Governo italiano una radicale riforma che assicuri diritti ed equità di trattamento, fuori dalla gestione emergenziale dei flussi migratori.


Le mancanze del sistema accoglienza in Italia

Il rapporto "La lotteria Italia dell’accoglienza" evidenzia tutti gli elementi di debolezza e irrazionalità del sistema italiano, in cui i flussi migratori sono ancora gestiti con logiche emergenziali. Il destino di migliaia di persone in disastrate condizioni psicologiche e fisiche è deciso in modo arbitrario; ad esempio:
  • I richiedenti asilo che arrivano nel nostro paese sono vittime di processi di identificazione sommari, di una burocrazia inefficiente che li destina a casaccio in un centro o in un altro, in una città o nell’altra, semplicemente sulla base della disponibilità momentanea di posti letto.
  • Non si tiene conto delle storie personali di ciascuno: si può finire in centri dove sono ammassate migliaia di persone o in strutture dove civilmente si è inseriti in programmi di integrazione e avviamento al lavoro.
  • Resta alto il rischio che si separino nuclei familiari, si neghi di fatto il diritto di richiedere asilo, o che, nell’arrembaggio dell’emergenza infinita, si generino condizioni di vita impossibili, tensioni sociali e tempi di attesa lunghissimi.


I numeri dell’ “emergenza”

In Italia vengono accolti 3 richiedenti asilo ogni 1.000 abitanti. Un numero che non giustifica l’allarme ‘invasione’ evocato a ogni nuovo sbarco, soprattutto se si considera che il rapporto in Germania è di 8 a 1.000.

Eppure nel nostro paese vige una gestione sostanzialmente ‘emergenziale’, che moltiplica i centri di accoglienza straordinaria (CAS), a detrimento del sistema ordinario rappresentato dagli SPRAR, con un affidamento ormai totalmente casuale dei richiedenti asilo all’uno o all’altro.

A marzo di quest’anno le persone arrivate via mare o via terra nel nostro paese, e successivamente inserite nel sistema di accoglienza, erano 174.356. Un numero che rappresenta il 3,5% della popolazione straniera in Italia e lo 0,29% dell’intera popolazione.

Ma 136.477migranti, pari al 78% del totale, vivono nei 7.000 CAS (grandi alberghi, ex caserme, appartamenti, luoghi spesso isolati), sparsi in tutta Italia con livelli e qualità di accoglienza fortemente disomogenei; 13.302 nei CARA e 895 posti in centri hotspot.

Solo 23.682 persone invece sono affidate agli SPRAR, che fuori da logiche emergenziali, garantiscono – in coordinamento con gli enti locali – un processo di accompagnamento e integrazione con corsi di italiano, inserimento nelle scuole, formazione professionale e orientamento al lavoro.

Il nostro Paese infatti è tra i paesi UE che riconoscono di meno il diritto alle diverse tipologie di protezione o di permesso per motivi umanitari offerte ai richiedenti asilo.

La lotteria della richiesta di asilo

Non tutti i luoghi dove chiedere asilo sono uguali: chi presenta domanda di asilo in Italia e viene trasferito a Caltanissetta, ad esempio, ottiene nel 64% dei casi una decisione positiva, mentre chi finisce a Siracusa solo nel 35%.

Inefficienze e disparità, che si riflettono anche sui tempi necessari a ricevere una risposta sulla propria richiesta di asilo. Possono trascorrere, in media, quasi 8 mesi tra la formalizzazione della richiesta e la data di audizione presso la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Solo nel 12,7% dei casi il colloquio avviene entro 3 mesi. Il risultato è che il processo di integrazione si rallenta paurosamente, soprattutto se i richiedenti asilo vengono sostanzialmente “abbandonati” a se stessi, come avviene in alcuni casi.

La testimonianza di Moses

“Una volta arrivati al CARA di Mineo ci hanno messo tutti insieme in una stanza enorme, costringendoci a dormire in due su un materasso buttato per terra. Anche mangiare era una lotta, se al momento dei pasti non correvi subito, non trovavi più nulla”.  Così Moses Stevens, operatore umanitario in Sierra Leone, costretto a scappare, in seguito alle minacce subite per aver denunciato l’orrore delle mutilazioni genitali femminili nel suo paese. Il lunghissimo viaggio attraverso Guinea, Burkina Faso, Mali, Niger lo ha portato in Libia, dove è rimasto intrappolato per quattro mesi senza un motivo. Una volta sbarcato in Italia ha sperimentato tutti e tre i modelli del nostro sistema di accoglienza: il CARA di Mineo (Centro di accoglienza per richiedenti asilo); un CAS in Toscana (Centro di accoglienza straordinaria); e infine uno SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) a Pergine Valdarno, (in Provincia di Arezzo) nell’ambito di un progetto di Oxfam Italia.


Cosa chiediamo al Governo italiano

  • la definizione di un sistema di accoglienza equo e uniforme, adatto alla portata dei flussi migratori e ai bisogni delle persone, nella maggior parte dei casi vulnerabili, superando la dicotomia CAS/SPRAR e adottando standard comuni e alti, che coniughino accoglienza (anche di breve/medio periodo) e integrazione;
  • una revisione delle strategie di governo dei flussi migratori, facilitando l’ingresso per lavoro, per ricongiungimento familiare, per studio e per richiesta di asilo;
  • politiche che prevedano canali sicuri e regolari per l’ingresso in Italia e nella UE. Un elemento essenziale volto a ridurre i tentativi di ingresso spontaneo, spesso molto pericolosi, da parte dei migranti, inclusi i rifugiati.